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Uno studente affetto dal virus dell’HIV ed emofiliaco, è vissuto con speranza… per una ragione. Ecco come potete avere la speranza al di là delle incertezze della vita.

di Steve Sawyer

Una storia personale, vera… Durante il liceo, Steve Sawyer, un emofiliaco, ha contratto l’HIV e l’epatite C da alcune sacche di sangue infette. In seguito, all’età di diciannove anni, con la consapevolezza della sua morte imminente, ha usato gli anni rimasti con gli studenti dei campus universitari per condividere come ha imparato a vivere con speranza e pace nonostante le disgrazie della vita. Migliaia di studenti, grazie alle parole di Steve sulla speranza e sull’amore di Dio, hanno visto la propria vita cambiare per sempre. Il testo che segue fa parte di un comizio, pubblicato, tenuto da Steve a Santa Barbara, presso l’università della California.

Appena fuori dalle coste del Maine, una nave della Marina era immersa in una densa nebbia. Quella notte, un marinaio vide in lontananza una luce fissa, e interpellò immediatamente il capitano. “In lontananza c’è una luce che punta dritto verso di noi, capitano; quali sono gli ordini?” il capitano gli ordinò di segnalare al vascello di cambiare posizione con un faro a intermittenza. Ma il vascello segnalò, “No, voi dovete cambiare rotta.” Ancora una volta il capitano ordinò di comunicare il messaggio precedente. Ci fu la stessa risposta. In un ultimo tentativo, il marinaio inviò il seguente messaggio: “Qui è il capitano di un incrociatore della marina americana, cambiate rotta immediatamente.” La risposta fu, “Dovete cambiare rotta, questo è un faro.”

Questa storia dimostra come noi umani tendiamo a trattare con il dolore e la sofferenza. Vorremmo sempre che le circostanze intorno a noi cambino il loro corso, piuttosto che “cambiare la nostra rotta” perché queste si presentino. La mia vita ne è stata un perfetto esempio.

Vivere con l’HIV: primo stadio

Sono nato con l’emofilia, una malattia del sangue che porta le mie ossa e le mie giunture a gonfiarsi senza alcuna ragione. L’emofilia è curata con alcune proteine contenute in sacche di sangue. Beh, in un periodo imprecisato tra il 1980 ed il 1983, uno dei miei donatori è stato colpito dal virus dell’HIV. Come risultato, le centinaia di sacche che ho ricevuto da quel donatore, portavano quel virus. In seguito ho contratto l’epatite C nello stesso modo.

Non sapevo di essere positivo fino al mio secondo anno al liceo. Quando mi è stato comunicato, ho reagito, come capita a chiunque, come se non fossi in grado di capire. Negavo semplicemente di essere siero positivo, e pretendevo di provare che stavo bene. Ma l’HIV non era doloroso come l’emofilia. Con quella, quando i muscoli e le ossa si gonfiavano, provavo un grandissimo dolore. L’HIV non aveva sintomi esterni. Non ci puoi fare caso, e quindi pretendi che non sia lì. Anche i miei genitori hanno avuto la mia stessa reazione. “Stai bene, sembri sano, e quindi devi stare bene.”

Vivere con l’HIV: il rifiuto

Un grande esempio di questo tipo di rifiuto si trova nel film di Monty Python “Alla ricerca del Sacro Graal”. In una scena, re Artù cavalca in una foresta, e si trova di fronte ad un cavaliere con una pesante armatura nera. Sta bloccando il suo passaggio, e il re capisce che non potrà passare finché non avrà sconfitto il nemico in un duello. Re Artù taglia così di netto con la spada un braccio del cavaliere nero. Sta per rinfoderare la spada per incamminarsi, quando il cavaliere dice, “No!” E il re gli dice “Ti ho tagliato un braccio!” Il cavaliere lo guarda e risponde “No non l’hai fatto!” Re Artù guarda il braccio reciso per terra e dice “Ma è proprio lì, per terra!” ed il cavaliere risponde, “è solo una ferita.” Il re aveva capito che doveva ferirlo ancora per batterlo. Così il duello prosegue e re Artù taglia tutte le membra del cavaliere, fino a che non gli rimane che il busto e la testa. Mentre il re gli passa accanto con il proprio cavallo, potete sentire il cavaliere mentre grida “Torna indietro codardo, ti taglierò le gambe!”

Anche se non c’è bisogno di dirlo, quel cavaliere era la personificazione del rifiuto. Non poteva affrontare la realtà di aver perso il duello. E anche se questo è un esempio ironico del rifiuto, i suoi pericoli sono davvero molto reali. Se avessi continuato a rifiutare di essere siero-positivo, non avrei potuto prendere le giuste precauzioni con alcuni piccoli tagli sulle mie dita, o cose del genere, e avrei potuto infettare, o uccidere, qualcuno. Ma rifiutare quella malattia sarebbe stato doloroso e pericoloso anche per me stesso. Quando si trattiene una cosa per così tanto tempo, e si pretende che non esista, essa cresce, e alla fine può esplodere.

Vivere con l’HIV: l’inutilità del rifiuto

Sono stato capace di negare la mia sieropositività per circa tre anni. Durante il mio ultimo anno di liceo, tuttavia, ero molto malato. Cominciavo a mostrare i sintomi della malattia. Le cellule T sono i globuli bianchi che combattono le infezioni, e il numero di queste cellule nel corpo indica quale parte del sangue è sieropositiva e quale è infetta dall’AIDS. Quando le cellule T scendono sotto i 200, si è malati di AIDS. Beh, il numero delle mie cellule T era 213, ed era in calo. Ero molto malato e pallido, e non riuscivo nemmeno a trattenere il cibo. Non potevo più pretendere che il virus dell’AIDS/HIV non fosse reale – esisteva veramente.

Non potevo più scegliere il rifiuto, e così avevo deciso di trovare un’altra strada per affrontare gli eventi. Per prima cosa ho iniziato a incolpare qualcuno. Pensavo che mi sarei sentito meglio se qualcuno fosse venuto da me e avesse detto, “Steve, è colpa mia. Scusa.” Così all’inizio ho cominciato ad incolpare l’intera comunità omosessuale. Facile. Ma dopo averci riflettuto, ero giunto alla conclusione che era ingiusto incolpare un’intera comunità di persone per un mio problema. Così ho dato la colpa a Dio. In quel periodo non ci credevo veramente, ma lo vedevo come una figura che aveva il potere di controllare gli eventi. E lo incolpai.

Vivere con l’HIV: rabbia

E allora il dolore, concentrato in un solo luogo, e sempre più forte, si trasforma in rabbia, e alla fine può diventare odio. Così ho iniziato a comportarmi da matto, verso ogni cosa che mi veniva incontro. Bastava che qualcuno mi annoiasse, e io esplodevo. Davo pugni ai muri. Distruggevo la mia stanza. Cose di questo genere.

Poi ho scoperto che la rabbia ha l’abilità di offuscarti la mente, e ti impedisce di agire con razionalità. Peggio, in questo processo ferisci le persone che ti amano. Un modo migliore per reagire al dolore era il pianto, perché non feriva nessuno, e ti faceva stare molto meglio.

Beh, una volta mi sono ritrovato nella mia camera, e avevo raggiunto il fondo. Ero molto malato, e avevo perso molti chili. Stavo urlando, bestemmiavo Dio e davo pugni al muro. Poi è entrato mio padre, chiudendosi la porta dietro le spalle. Mio padre era un’alcolista. Attraverso le sedute della AA aveva imparato che esisteva un potere più grande, aveva conosciuto Dio. Mio padre mi guardò e disse, “Lo sai, Steve, non posso aiutarti. I dottori non possono aiutarti. Tua madre non può aiutarti, e non puoi farlo nemmeno da solo. L’unico che può farlo è Dio.” Si alzò e uscì dalla stanza, chiudendo la porta.

Vivere con l’HIV: cercare aiuto

Avevo appena finito di bestemmiare Dio, e non mi sentivo nell’esatta condizione di chiedergli aiuto. Ma non avevo scelta. Mi sono rannicchiato tra le ginocchia, e tra le lacrime ho detto, “va bene Dio, se tu esisti, aiutami, ed io aiuterò te.” Beh, in pochissimo tempo ho riacquistato il mio peso, ed il numero delle mie cellule T è balzato ad un accettabile 365. Mi sentivo bene, veramente bene. Ed ho pensato, “Ok grazie Dio, sei stato carino. Ciao.”

Mi sono diplomato ed ho iniziato il mio test di ammissione all’università durante l’estate. In quell’occasione ho incontrato il mio futuro compagno di stanza. Avevo finito il test, e vicino a me si trovava questo ragazzo biondo e alto, tutto pelle e ossa. Mi disse, “Ehi, sembri a posto, vuoi essere il mio compagno di stanza?” Ed io ho pensato, “Beh, va bene, tu non mi sembri così a posto ma… Sicuro.” Siamo diventati compagni di stanza, e alla fine è diventato il mio migliore amico. Ho poi scoperto che era Cristiano. In quel periodo avevo questa descrizione per i Cristiani. Erano persone false, da assecondare e da condannare. E pensavo che non sarebbero state nient’altro. Ma il mio compagno di stanza era diverso.

Aveva dei problemi di dislessia. Notavo che ogni volta in cui studiava e arrivava all’esasperazione – il punto in cui io ditruggevo tutto e davo pugni al muro – lui si fermava, chiudeva gli occhi, diceva una preghiera e tornava a lavoro con un lungo respiro. Ed io pensavo, “come non puoi distruggere qualcosa? Devi farlo!” ero davvero stupito di questo suo comportamento.

Il mio compagno di stanza mi aveva invitato a Daytona Beach per la pausa primaverile. Una volta arrivati, il mio amico aveva iniziato a parlare con un ragazzo vicino a noi sulla spiaggia. All’inizio parlavamo di argomenti comuni, le solite cose. Poi il mio amico decise di andare su argomenti più pesanti. Non volevo. Ci avevo combattuto troppo. È difficile sapere di dover morire alla mia età. E non volevo parlarne ad un estraneo sulla spiaggia, e così mi estraniai dalla discussione. Continuarono a parlare, ed alla fine il mio amico provò a spiegare in cosa credeva come cristiano. Avevo sempre avuto il mio ritratto dei Cristiani, ma non sapevo in cosa credessero, o a cosa pensassero. E così ascoltai.

Vivere con l’HIV: cosa offre Dio

Non so se sono in grado di spiegare esattamente quello che disse, ma era pressappoco questo: “Credo in Dio. Ovvio. E penso che ci abbia creati per avere un contatto con Lui. Ma noi non vogliamo, e così lo respingiamo. Questo rifiuto, questa ribellione – che sia un rifiuto consapevole o semplice indifferenza – nella Bibbia è chiamato peccato. Non mi piace la parola ‘peccato’, e così lo intendo solo come rifiuto di Dio. E a causa di questo, e per il fatto che siamo stati creati per essere uniti a Lui, c’è una punizione. Cioè la morte. La morte spirituale, che ci separa da Lui per l’eternità.” Ed io ho pensato, “Oh che bello.” Così ho detto, “Ma Dio ci ama.” E lui “Ma Dio è anche giusto. E l’amore non esiste senza giustizia.” Non aveva molto senso per me. E allora continuò, “pensa alla persona a cui tieni di più al mondo. Poi immagina di respingerla e di non vederla per lungo tempo. Poi un giorno la vedi a cinquanta metri e gli vai incontro a braccia aperte, ma ti senti dire: -No. Ti ricordi? Mi hai respinto.-” Ora immagina di aver respinto Dio. Il più grande amore nell’universo.

Ho pensato, “Wow. Non è bello.” Il mio amico continuò, “Fortunatamente non finisce qui. Poiché Dio ci ama e ci ha a cuore, ha deciso di pagare in prima persona per le nostre colpe. Ha mandato suo Figlio, Gesù, sulla terra, perché egli morisse al nostro posto. E dal momento che Gesù (che è Dio fatto uomo) ha vissuto una vita priva di peccato, ha potuto pagare per qualcun altro. Per noi.”

“Poi tre giorni dopo la sua morte è risorto. Vincendo la morte spirituale offrendoci la vita eterna. Non moriremo più, ma passeremo l’eternità con il più grande amore dell’universo.”

E io, “Wow.” “Ma” disse lui “la questione è rimandata a te, anche se Lui ci offre questo ed ha pagato al posto nostro. Se non accetti la sua offerta… ” Non avevo ancora capito perfettamente, e per fortuna nemmeno l’altro ragazzo. Allora il mio amico disse, “va bene. Immaginate di guidare sulla stradda qui vicino. State andando a 90 Km orari, ed il limite è di 35. Mentre correte due poliziotti vi fanno una multa. Per pagarla, dovete recarvi in tribunale il giorno successivo. Quando arrivate in tribunale, scoprite che vostro padre è il giudice. E pensate, ehi, è mio padre. Lui vi guarda ed esclama: ‘Steve, hai infranto la legge?’ E tu, ‘Si’ E così vi condanna ad un’ammenda di cinquecento dollari o due giorni di prigione. E sanziona la condanna con due colpi di martello.”

“Ora, poiché è buono e giusto, deve emettere la sentenza. Ma appena si alza dal suo posto, prende il suo portafogli e ne estrae cinquecento dollari. Egli vi ama, e pagherà l’ammenda al posto vostro. Ma voi dovete accettare. Sta lì con quei soldi e vi dice ‘Ecco, sta a te.’ Allo stesso modo, potete rispondere a Dio ‘No, voglio stare separato da te per l’eternità’ E’ una vostra scelta.”

Il mio amico ci disse come accettare quei “soldi”, attraverso la preghiera. “basta che accettiate l’offerta di Dio. È un suo dono. Non dovete fare niente per guadagnarlo.” Era la prima volta che sentivo parlare della Grazia. “Potete accettare questo dono con la fede e la preghiera.” E detto ciò il mio amico ci invitò a pregare insieme a lui. E mentre pregava ad alta voce, anch’io lo facevo, in silenzio.